Quando la scuola brucia
Quando la scuola brucia

Quando la scuola brucia

Gli alunni in una scuola di Tshimbulu nella Repubblica Democratica del Congo
Gli alunni in una scuola di Tshimbulu nella Repubblica Democratica del Congo

Lo scorso 20 novembre Davide Cerullo è stato invitato a parlare ad alcune classi del Liceo Scientifico “G. Checchia Rispoli” di San Severo ed io l’ho accompagnato. Dopo il suo intervento un professore ha ricordato con rammarico l’episodio dell’incendio dell’ingresso della scuola verificatosi qualche settimana prima sottolineando il fatto che il responsabile di tale atto è sicuramente all’interno della scuola ed è coperto dal silenzio di alcuni (spero non molti) che sicuramente sanno. In questi giorni, ripensando alla manifestazione del 19 novembre, all’esperienza di Davide, riflettevo su questo spiacevole episodio. Bruciare una scuola non è solo un atto vandalico come tanti altri: ha un peso simbolico devastante! Vuol dire dar fuoco ad un luogo dove si studia, si educa, si cresce, si socializza, si impara. Un luogo in cui il sapere dell’uomo, accumultato nella sua plurimillenaria storia, viene offerto alle nuove generazioni. Ecco, bruciare una scuola simbolicamente vuol dire tutto questo e, francamente, la cosa mi spaventa. Ho ripensato ai tanti bambini e giovani incontrati nelle scuole dei paesi africani che ho visitato: non hanno i nostri mezzi, non hanno le nostre possibilità e vorrebbero tanto poter studiare. Davide, che ha pagato sulla sua pelle il non aver potuto studiare, sulle vele di Scampia ha scritto: “La cultura è l’unica arma di riscatto”. Come si può parlare di “diritto allo studio” e poi bruciare l’ingresso della scuola per un misero giorno di vacanza? E ancora: come ci si può lamentare delle bombe e della dilagante criminalità se poi si compiono atti del genere? La criminalità, per crescere e svilupparsi, ha bisogno di un terreno fertile, di un ambiente favorevole: questi atti lo sono! Il giudice Caponnetto diceva che “la mafia ha più paura della scuola che della giustizia”. Ma se sono i giovani a bruciare la scuola allora la mafia e la criminalità non hanno più alcun argine e possono dilagare. Mai mi sono parse così vere le parole di Paolo Borsellino: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. In negativo potrei dire: “Se la gioventù continuerà a bruciare le scuole e a non studiare, la mafia e la criminalità diventeranno sempre più potenti”.

Detto questo io ho un sogno: domani il responsabile dell’incendio, ritrovando coraggio e dignità, va dalla preside ed ammette le sue responsabilità riconoscendo di aver sbagliato. Sono certo che così non avrà più bisogno di nascondersi ma potrà vivere “alla luce del sole”. Sono altrettanto certo che la preside apprezzerà questo atto di coraggio e riconoscerà in esso uno straordinario momento di crescita. Sono sicuro che gli altri alunni proveranno stima e ammirazione per un loro amico che ha mostrato un così grande coraggio e tanta maturità. Sono sicuro che un gesto così nobile porrebbe fine alla triste “tradizione” di bruciare l’ingresso della scuola e darebbe forza a tanti per continuare a studiare con impegno. Ma soprattutto sono certo che un domani, quando il responsabile dell’incendio avrà i suoi figli, potrà dirgli con autorevolezza di andare a scuola e di studiare senza doversi vergognare, anche solo nei ricordi, di ciò che ha fatto.

P.S. Se tu che hai incendiato l’ingresso della scuola hai voglia di parlarne sai dove trovarmi. I sogni possono diventare realtà e la realtà può davvero cambiare.

d. Nico

Davide cultura

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