Una foto per dire grazie
Una foto per dire grazie

Una foto per dire grazie

Questa mattina una nostra rappresentanza si è ritrovata presso il Larghetto Mons. Cesare Bonicelli per una foto di gruppo nel luogo che la città ha voluto intitolargli. Un modo per dirgli grazie perché l’Epicentro Giovanile esiste grazie a lui che, 28 anni fa, lo ha pensato e voluto.
Vogliamo ricordarlo con quanto ci scrisse nel 2003 in occasione del decennale dell’Epicentro.

Era un sabato sera d’inverno, il 13 febbraio 1993, quando all’Istituto ex-salesiano ci trovammo per “sognare” il futuro del Centro Giovanile che doveva nascere. Eravamo in 24.

            Ciascuno fu invitato a dire uno o più “sogni” che aveva dentro di sé. Io li annotai; erano “sogni” vari, diversi, che avevano in comune una speranza: la speranza che stava per sorgere un qualcosa di bello e di utile per gli adolescenti e i giovani di S. Severo.

            Non si parlava ancora di “Epicentro” (il nome fu inventato dopo). Nei “sogni” che annotai il nuovo Centro Giovanile doveva essere:

  • un luogo dove ci si incontra, dove si è amici;
  • un luogo dove si gioca perché per conoscersi occorre il gioco;
  • un luogo con attività ricreative ma anche e, in certi momenti, soprattutto, di donazione, del fare qualcosa per gli altri;
  • uno spazio di amicizia e di accoglienza:
  • un luogo che offre l’occasione ai giovani di trovare risposte ai problemi esistenziali;
  • un luogo che offre proposte pratiche, ad esempio insegnare a suonare la chitarra;
  • un luogo dove ci si accoglie, dove si impara a vivere insieme;
  • un luogo dove si sta insieme in un modo diverso;
  • un luogo di libertà, ove i giovani “creano” quello che loro decidono;
  • un luogo dove degli adulti offrono ai giovani delle proposte e delle iniziative educative;
  • un luogo ove c’è una comunità educante di giovani e adulti, coordinata e diretta da un prete, col fine di educare giovani e adolescenti al vivere bene, al diventare uomini e donne liberi e responsabili, possibilmente cristiani;
  • un luogo con attività di evangelizzazione e di crescita dei giovani, come: scuola di preghiera (personale e comunitaria), educazione all’amore, sport, computer…;
  • un luogo con proposte di veri itinerari di fede;
  • un luogo con attenzione alle attività in campo sociale: pace, ecologia, politica…e in campo culturale (musica, teatro, cinema);
  • un luogo che offre non uno spazio “protetto” ma una “finestra” sulla città e nella chiesa, che promuove una presenza cristiana negli ambienti di vita e l’esercizio della carità verso i poveri.

Qualche mese dopo, il lunedì 7 giugno, una ventina di adulti (ex Allievi salesiani – AGESCI – MASCI – ACI – sacerdoti) si riunirono per riflettere sul senso dell’Epicentro (nel frattempo era nato e aveva assunto il suo nome proprio) partendo dalla constatazione che non c’era mai stata tanta “domanda di educazione” e, nello stesso tempo, tanta “crisi dell’educare”. In quella occasione fu detto che gli “ingredienti” base di una relazione educativa sono: asimmetria (di età, di esperienza, di cultura); frequenza, continuità (c’è bisogno di tempo, non è un happening); prossimità (occorre il faccia a faccia, vivere lo stesso spazio); comunicazione libera e liberante; progettualità negli adulti che devono agire in vista di mete e con percorsi pensati (nulla è lasciato al caso); compresenza delle figure maschili e femminili, paterne e materne.

            Inoltre in quell’incontro si cercò di chiarire quali relazioni educative fossero non sufficienti: quelle che pretendono di annullare le differenze tra educatore e ragazzo e dove l’adulto non ha né identità né proposta né ruolo; quelle esercitate in modo discontinuo a causa del rapido cambiamento degli animatori; quelle che accentuano le distanze, dove l’autorità diventa autoritarismo; quelle che rifiutano la progettualità esaltando lo spontaneo; quelle che tendono a “sedurre” i ragazzi sfruttando il carisma del capo e che legano al capo invece che educare alla libertà e alla responsabilità; quelle che sviluppano o solo la componente materna (accoglienza, ascolto, sostegno…) o solo quella paterna (confronto con la realtà, correzione, osservanza delle regole, valutazioni,…).

            Ricordo che don Nico fece una seria riflessione sulla situazione degli adolescenti e dei giovani di S. Severo, e che ci fu una forte presa di coscienza del fatto che Dio ha bisogno di uomini e di donne per portare avanti il suo Regno e questo in modo speciale nel campo dell’educazione.

            All’inizio del l994, don Nico presentava l’Epicentro scrivendo: “L’Epicentro è nato come proposta alternativa ai giovani della città di S. Severo affinché essi potessero trovare, oltre ad un luogo dove incontrarsi per stare insieme, anche degli adulti a loro disposizione per una proposta educativa, adeguata alla loro età e alle loro situazioni. Oggi è una realtà viva e in fermento. Si tratta di un lavoro a lungo termine che, comunque, non mancherà di portare i suoi frutti.”

            Sono passati dieci anni. Fare “memoria” degli inizi è utile per valutare il percorso fatto e per guardare avanti con fiducia, mossi sempre da un amore grande verso gli adolescenti e i giovani che, come aveva capito già più di 150 anni fa don Bosco, nel mondo moderno sono dei “poveri”, dei bisognosi di educatori e di educazione per realizzare la propria vita secondo il progetto di Dio.

                                                                                        + don Cesare

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